Il caffè,
una maglietta a righe,
il tuo numero su un biglietto,
in una tasca di jeans,
in un cassetto,
una valigia verde,
un altro caffè,
un altro numero,
un aperitivo,
una cravatta,
un bacio,
una pizza,
una paura,
un silenzio,
un messaggio,
una telefonata di lavoro il giorno degli innamorati,
ignorarsi,
incontrarsi,
rivalutarsi,
trattenersi in una festa,
un drink,
un abitacolo sudato,
le chiavi di casa mia,
quelle di casa tua,
i segreti,
i segnali,
le carezze,
le coperte,
la birra artigianale,
il trapano e il martello,
cenare da Michele,
un telefono,
un libro,
un bracciale,
due orecchini,
il giorno di Natale,
Sanremo,
le tue foto da ragazza,
la valigia verde,
un’isola,
una crema al profumo di cocco,
una folata di sbagli e noi superstiti,
una battaglia e una falange in due,
il mio pugno chiuso e i tuoi capelli dentro,
carnevale e le maschere,
il nostro primo daccapo,
mille lumi di candela e tu che come fiamma tremi e bruci,
mentre la strada che sapevi che avrei preso mi si srotola davanti come un tappeto rosso.
E vado via.
Ma per restare.
“Scarpette rosse”, è stata in concorso in “Poeti e Poesia” 2012 - ed è stata pubblicata su
“In linea con la poesia" - ed. Pagine, 2013.
Questo scritto è un colpo secco, un’inventario emotivo che si dipana come un elenco di frammenti, oggetti, ricordi, segnali—ogni elemento è una tessera di un mosaico che si ricompone solo nel finale, rivelando una tragedia sottintesa, una violenza che si insinua nella quotidianità fino a diventare ineluttabile. Se dovessi presentarlo, direi che è un testo che racconta la costruzione e la distruzione di una storia d’amore attraverso dettagli ordinari che, visti nella loro successione, assumono una nuova dimensione, quella del pericolo, della manipolazione, della paura. Il ritmo incalzante trasmette una crescente sensazione di inquietudine, fino a giungere alla svolta finale, un’immagine che unisce la tensione e la rassegnazione. Il tema del femminicidio emerge con una potenza discreta ma devastante: la relazione non è raccontata direttamente, ma attraverso tutto ciò che è stato, che si è accumulato, che ha lasciato traccia. Ed è in quella lista che si intravede il peso delle dinamiche di potere, delle emozioni contrastanti, di una storia che si conclude con un addio che sembra definitivo ma paradossalmente non lo è davvero—"Vado via. Ma per restare." È un testo che colpisce per il suo modo di raccontare senza urlare, di evocare senza spiegare, di lasciare il lettore con il peso della storia senza bisogno di dichiararlo apertamente. Perfetto per una presentazione che voglia sottolineare l’impatto della narrazione frammentaria e il modo in cui il quotidiano può celare tragedie invisibili.
L.A.M.