Era nato stanco.
Era sempre stanco.
Si alzava stanco.
Andava al lavoro stanco.
Tornava a casa stanco.
Andava a letto stanco.
Era così stanco che non riusciva a dormire.
Quella mattina seduto in Metropolitana un senso di pesante spossatezza gli aveva riempito la testa. Pensava a come i ricordi l’avevano sopraffatto e
gli occhi lentamente si chiusero. I ricordi scorrevano nella sua mente come un treno dell’alta velocità. Si abbandonò a uno di quei pisolini che si può
godere solo se cullati dal dondolio meccanico di un treno in movimento.
Morì per stanchezza e nessuno se ne accorse.
L’addetto alle pulizie entrò nella carrozza della Metropolitana ferma in deposito e vide quell’uomo minuto seduto comodamente, sembrava dormire
con una faccia serena amica dell’universo.
Nella sepoltura “riposava in pace”. Nel fresco silenzio della terra conseguì un sonno profondo e ristoratore.
Russava, russava forte, sembrava che là sotto ci fosse un orso.
Gli altri cari estinti, ospiti del campo santo, disturbati dai bramiti del nato stanco trasalirono dal riposo eterno e si destarono.
Non riuscivano più a prendere sonno, si agitavano, sbuffavano, si giravano ma il sonno si era allontanato.
Non sapevano come fare, ancora non esistevano sonniferi efficaci per i cari estinti.
Ecco che il nato stanco se la dormiva alla grande mentre gli altri erano svegli e stanchi morti.
Il custode del Campo Santo, sbadigliando, si chiedeva come mai fosse così stanco, da non riuscire a dormire la notte.
Scusate, finisco qui … mi sento stanco.
Questo componimento ha una struttura circolare e una forte impronta di ironico surrealismo, oscillando tra malinconia e umorismo nero. Il tema centrale è la stanchezza come condizione esistenziale, un peso che attraversa la vita del protagonista e persino la sua morte, trasformando il riposo eterno in un paradosso grottesco. La ripetizione ossessiva della parola stanco crea un effetto di martellante monotonia, che amplifica la sensazione di un’esistenza consumata dalla fatica. Si percepisce un senso di ineluttabilità, quasi come se il destino del protagonista fosse segnato sin dall’inizio. Poi, il componimento vira verso il surreale: il protagonista trova finalmente pace solo nella sepoltura, ma il suo russare diventa un elemento di disturbo per gli altri defunti, ribaltando la tragedia in una farsa. Questo gioco tra assurdo e tragedia, tra malinconia e comicità, ricorda certe narrazioni che sfidano il confine tra riflessione e grottesco. Il finale—"Scusate, finisco qui... mi sento stanco."—chiude il cerchio con un tono disincantato e quasi complice con il lettore, come se la stanchezza fosse contagiosa e universale.
In breve:
Questo è un elemento tipico della narrativa fantastica, che spesso presenta situazioni in cui la realtà normale si mescola con una realtà alternativa.
Questo è un elemento tipico della narrativa psicologica, che spesso presenta personaggi con caratteristiche particolari o problematiche della mente o dell’anima.
Questo è un elemento tipico della narrativa romantica, che spesso presenta personaggi innamorati o coinvolti in relazioni sentimentali.
Questo è un elemento tipico della narrativa tragica, che spesso presenta personaggi destinati a una fine infelice o dolorosa.
L.A.M.