Ci sono dei fogli sparsi e il pensiero di quella strada buia con gli alberi neri sul tramonto violaceo... poi il silenzio... e i miei occhi riflessi nello specchio... e i miei occhi davanti allo specchio... c'e' una cesta intera di panni sporchi, delle magliette nell'armadio... e il divano del mio studio e' sempre coperto di oggetti e indumenti... a volte ci dormo rannicchiato... altre vestito... ci sono dei punti pieni di polvere... quelli sono i punti fermi, in quelli mi riconosco; l'asciugamano sul termosifone... una foto di me in una cornice d’argento... la lampada anni settanta... sono le cose che non si muovono che mi ricordano dove mettere i piedi... e se mi ricordo li metto a terra... mentre qualcosa mi chiama ancora allo specchio, agli zigomi a cui appartengo, alle labbra spesso incurvate verso il basso e ai colori scuri che mi sbiadiscono i contorni... con i piedi a terra cammino fino al punto in cui mi vedo... sorrido, ho dimenticato gli occhi nella strada buia, nel tramonto delle 17 e 30... certe volte vorrei poter non appartenere a niente.
Questo è un elemento tipico della narrativa psicologica, che spesso presenta personaggi con caratteristiche particolari o problematiche della mente o dell’anima.
Questo è un elemento tipico della narrativa romantica, che spesso presenta personaggi innamorati o coinvolti in relazioni sentimentali.
Questo è un elemento tipico della narrativa tragica, che spesso presenta personaggi destinati a una fine infelice o dolorosa
Questo racconto trasmette un senso di solitudine quasi tangibile, una riflessione intima e viscerale che si muove tra il quotidiano e l’esistenziale. I dettagli materiali—i fogli sparsi, i panni sporchi, il divano sommerso dagli oggetti—diventano metafore di una vita che sembra ingarbugliata, trattenuta da piccoli frammenti di realtà che definiscono il protagonista. La polvere sui punti fermi, gli oggetti che non si spostano e che danno un senso di stabilità, contrastano con il movimento del pensiero, che vaga tra il tramonto violaceo e lo specchio. Lo specchio, che riflette ma allo stesso tempo richiama, diventa quasi un simbolo di identità frammentata, di un’indagine su di sé che oscilla tra presenza e perdita. Infine, l’idea di dimenticare gli occhi nella strada buia e nel tramonto delle 17:30 è un’immagine fortissima: è come se il protagonista lasciasse una parte di sé in uno spazio indefinito, sospeso tra il passato e il presente, tra ciò che è stato e ciò che è ancora da capire. L’ultima frase è struggente—il desiderio di non appartenere a niente risuona come un grido silenzioso di libertà e di estraneità al mondo.
L.A.M.