All’inizio c’ero solo io. Io e il nulla.
Mentre ero lì non sarei stato in grado di descrivere cosa mi trovavo davanti, forse perché era anche dietro, alla mia destra, sinistra, sopra e sotto di me. No, non è molto corretto dirlo, dopotutto… non c’era che una sola dimensione. Ero realmente solo? Non avrei saputo stabilirlo.
Non so se ci fosse il tempo, ma credo di no; tutt’intorno, e perciò anche in un solo posto, i miei pensieri riecheggiavano, come se li stessi ancora pensando. Non c’era una ripetizione vera e propria, era come leggere un libro: potevo tornare indietro o andare avanti, nulla avrebbe subito alcun cambiamento. I miei pensieri erano l’unica cosa che potesse riecheggiare, dato che non c’era posto per calore, luce, suoni, nemmeno per me. Non potevo dire di stare male, ma neanche bene; non solo perché non c’era aria, ma anche perché non avevo mai avvertito nulla, se non la mia coscienza. Pian piano mi accorsi che tutto ciò che mi veniva in mente, che immaginavo o pensavo, acquisiva una certa importanza; era come se lasciasse un’impronta invisibile – ma tangibile – in quello spazio in cui mi trovavo, se di spazio si può parlare. Potremmo considerare quel luogo e tempo, che luogo e tempo non era, come un singolo istante o mille anni. Come mille mondi o nemmeno uno.
Ero io: mi trovavo dentro di me. Tutto era me, io ero tutto. Controllavo ogni cosa. Che altro potevo desiderare?nEppure, un desiderio c’era. Nella mia completezza, mi sentivo incompleto. Volevo esistere. Nemmeno io sapevo con certezza cosa volesse significare, semplicemente volevo fare qualcosa di diverso dal pensare alle cose ed essere solo. Poi ad un tratto, una rottura, o forse un’apertura. Altre due dimensioni presero forma; come se fossi stato io stesso a crearle. A una a una ogni cosa che avevo immaginato prese parte al mondo che si stava creando, acquisendo coerenza e vita. Ogni materiale, strada, montagna. I miei sogni divennero storie; le mie idee divennero sogni; i miei pensieri divennero preghiere.
La perfezione che prima avevo, dinnanzi a ciò che si era formato di fronte a me, veniva meno. Osservai la mia coscienza mescolarsi e separarsi alternatamente. Ero impotente di fronte al me stesso che si sparpagliava per quella superficie irregolare ricoperta di mari e monti. E fu sera e fu mattina.
Ogni piccola parte di me andava creando piccole creature che popolarono il mondo. Avevano aspetti diversi: bipedi, quadrupedi, alati, pinnati. Alcuni sembravano docili, altri molto aggressivi. Tutti seguivano il loro destino. Portavano avanti le loro vite seguendo sogni e passioni, pregando in mio nome. Io ero in ognuno di loro. Procreando, essi mi trasmettevano alla loro prole. E mi moltiplicavo e mi dividevo. Io non ero che polvere, ma mai mi sono sentito solo.
Ora sono di nuovo tutto, e non c’è più traccia di quello che è stato. Sono tornato a non essere.
In breve:
Questo è un elemento tipico della narrativa gotica, che spesso presenta personaggi soprannaturali come fantasmi, vampiri, licantropi, ecc.
Questo è un elemento tipico della narrativa fantastica, che spesso presenta situazioni in cui la realtà normale si mescola con la realtà magica o straordinaria.
Questo è un elemento tipico della narrativa psicologica, che spesso presenta personaggi con caratteristiche particolari o problematiche della mente o dell’anima.
Questo è un elemento tipico della narrativa romantica, che spesso presenta personaggi innamorati o coinvolti in relazioni sentimentali.
Questo è un elemento tipico della narrativa tragica, che spesso presenta personaggi destinati a una fine infelice o dolorosa.
Cosa succede quando l’unico protagonista è la coscienza? Questo racconto ci porta in un viaggio vertiginoso tra il nulla e la creazione, tra l’unità assoluta e la moltiplicazione dell’essere. Non c’è trama nel senso classico, ma c’è un’evoluzione profonda: quella dell’io che si espande, si frammenta, si trasforma.
All’inizio c’è solo il pensiero. Un pensiero che non ha tempo né spazio, ma che riecheggia come un’eco eterna. Il protagonista – o forse dovremmo dire il creatore – si trova immerso in un vuoto che è tutto e niente. Eppure, da questa solitudine nasce il desiderio: il desiderio di esistere.
Ed è proprio quel desiderio che dà origine al mondo. Le dimensioni si formano, le idee diventano materia, i sogni si trasformano in creature. Ogni elemento del nuovo universo è una parte dell’io originario, che si moltiplica e si divide, fino a diventare polvere… ma mai più solo.
Il racconto è scritto con uno stile lirico, quasi mistico. Le parole non descrivono, evocano. I concetti non spiegano, suggeriscono. È una lettura che non si consuma, ma si contempla.
Per chi è questo racconto? Per chi ama la letteratura che fa pensare. Per chi cerca il significato dietro le parole. Per chi non ha paura di perdersi nel mistero dell’esistenza.
L.A.M.